Un sogno per tre
Un sogno per tre.
Il mistero della durata dei sogni è un enigma ancora totalmente irrisolto, non saprei quindi dettagliare a che ora della notte ho sognato le scene che mi appresto a raccontare, è però interessante riconoscere che al risveglio fossero circa le sette del mattino.
Sono in strada, cammino tranquillamente sul lato sinistro del marciapiede. Si avvicina a me un ragazzo di colore e mi chiede aiuto. Io ho paura di seguirlo, ma mi impongo di farlo. Cambio sponda del marciapiede e mi imbatto in un altro ragazzo di colore. Il primo prende un piccolo spruzzino, di quelli che si usano per distribuire la medicina sulle piante, e inizia a pulire i lati del marciapiede, pieno di incrostazioni e fanghiglia. Sono felice che stia facendo pulizia. Il secondo ragazzo di colore avverte il proprio territorio inficiato e se la dà a gambe. Superiamo un incrocio e il ragazzo stavolta invade il marciapiede di un napoletano, il quale dapprima fa per allontanarsi, poi estrae una pistola e spara al ragazzo di colore, ammazzandolo.
Scappo nuovamente sulla mia sponda, correndo il più velocemente possibile. Il napoletano inizia a sparare anche contro di me pur non avendone motivo (forse pensa sia un complice del ragazzo di colore? [pensiero del sogno]) e io so di dover scappare il più in fretta possibile, ma non ho paura. Scanso dei proiettili e poi corro via. Superata la curva, il napoletano scompare dalla mia vista. Mi affretto a raggiungere casa, guardandomi alle spalle e sperando non di incontrarlo più.
Finalmente entro nel mio parco, stranamente affollato, e mi incammino verso casa. Nel farlo guardo a destra e mi accorgo che il cantiere non è più chiuso, stanno costruendo qualcosa. Accolgo l’idea con entusiasmo. Mi appropinquo verso il cancelletto del mio palazzo, lo apro con estrema facilità inserendo l’unghia nella serratura. Mi spingo oltre, sempre preso dalla fretta per il sicario che potrebbe seguirmi e apro il portone blindato tentando per due volte di inserire la chiave nel verso giusto.
Nell’atrio del palazzo chiudo il portone e guardo all’esterno. In fondo al parco si fa sempre più folla.
Entrano nell’atrio, prima che il portone si chiuda, Lorenzo, un vecchio amico col quale non sono più in buoni rapporti, e poi di nuovo Lorenzo, ma trasfigurato. Mi sento a mio agio. Chiedo perché vi sia una tale calca di persone, uno dei Lorenzi mi risponde che deve essere per via del sindacato…
Sono un po’ confuso ma mi accontento della risposta e gli credo.
Mi sveglio
Al mio risveglio il sogno non è ancora obliato. Provo in tutti i modi ad interpretarlo ma l’unico elemento recente che mi sovviene è la richiesta di aiuto della sera precedente di una ragazza inglese che a Bologna non riusciva a recuperare il bagaglio depositato in stazione. La storia però non mi convinceva e sospettai che vi fosse puzza di bruciato. Si occupò dell’inconveniente un collega che era passato a salutarmi in vista della mia imminente partenza per Napoli.
E’ quindi pacifico che il ragazzo di colore che si avvicina in cerca di aiuto è solo il residuo mnestico di un evento occorso qualche ora prima.
Avendo esaurito le memorie recenti, mi dispongo alla ricerca del desiderio del sogno.
Incredibilmente non so che pesci prendere. Il sogno è pressoché inattaccabile. Eppure, il fatto che sia rimasto tanto a lungo nella memoria suggerisce che né il super io, nè l’elaborazione secondaria abbiano ritenuto di doverlo censurare. Alternativamente è così criptico da risultare del tutto innocente financo alla censura del super io.
Il secondo risveglio
Data la spossatezza che aveva accompagnato il risveglio, tento di riprendere sonno. Difficilmente riesco ad addormentarmi quando il sole è già penetrato in camera dopo il mio risveglio, però la frescura del mattino mi culla nuovamente tra le braccia di Morfeo. In realtà c’è un secondo motivo che mi spinge a riaddormentarmi. Spero che dormendo, data la mia confusione, l’inconscio possa suggerirmi un nuovo spunto per l’interpretazione, profittando del sonno del super io.
La mia ipotesi si rivela esatta. Al mio risveglio, dopo circa un’ora, nella fase in cui l’io è ancora ipermnestico e la coscienza ancora oscilla tra l’io e il noi, il subconscio, in un rigurgito di consapevolezza mi suggerisce che il napoletano sono io.
Ovvio, perché non ci ho pensato prima?
Dopo qualche istante sono completamente sveglio e non è più così ovvio, ma l’io e il noi parlano linguaggi antitetici.
Il pivot per l’interpetazione
Finalmente ho un riferimento semantico che mi permetta di aggredire il sogno, in quanto l’elemento mnestico della sera precedente era totalmente insufficiente. Sfrutto l’assist dell’inconscio e mi concentro sui proiettili sparati da me stesso (il napoletano) contro me stesso (l’innocente buon samaritano che sceglie di aiutare il ragazzo di colore).
Concludo che, se deve essere avvenuto uno spostamento, è altresì naturale che ne sia occorso anche un secondo.
Mi soffermo sulla scena del proiettili. Il proiettile mi mette fretta e faccio il possibile per scansarlo. Quando poi il napoletano è finalmente scomparso dalla mia vista, sono completamente solo in strada. Il mio destino è nelle mie mani. Quale che sia la mia destinazione devo comunque affrettarmi, perché il napoletano tornerebbe a farmi la festa.
Comprendo allora che nella prima parte del sogno, il soggetto che osserva la scena non sono davvero io, è avvenuto uno spostamento che ha sostituito me a Giulia, la ragazza che sto frequentando.
I proiettili sono la manifestazione del disagio del mio subconscio per una condizione che si protrae da un certo tempo, mentre la sua fuga è la fretta che le impongo. Lei pensa “perché spara anche a me? Forse ritiene sia complice della situazione?”.
Un sogno per due
A questo punto, inquadrato lo spostamento, non posso ignorare il significato spaziale da attribuire alle due sponde del merciapiede. Il sogno inizia passeggiando sulla sponda sinistra della strada. Passeggio tranquillamente. Giulia mi ripete spesso scherzosamente, “prima di conoscerti io ero tranquilla”.
Un elemento o(scuro), il ragazzo di colore, opera la prima rottura nella scena.
Mi vedo costretto a cambiare sponda. Stavolta assisto alla scena della pulizia del marciapiede di cui mi felicito.
Per comprendere il senso di questa scena occorre un richiamo mnestico ad una conversazione avuta con un collega il giorno precedente. Lui sosteneva che la moglie non avesse piacere a trasferirsi nel suo paese d’origine poiché le strade sono sporche, piene di monnezza.
Il pensiero innocente del momento fu che anche io dovrei sopportare che Giulia viva nella monnezza.
Sono quindi felice che qualcuno (il ragazzo di colore) stia facendo pulizia.
Nella sponda destra del marciapiede sono io, dunque, il padrone della scena.
Proseguendo, il secondo ragazzo di colore al bivacco si dà alla fuga, rassegnandosi al nuovo volto della strada. Procedendo ancora le resistenze si fanno però sempre più forti, stavolta non mi rassegno più tanto docilmente al nuovo corso degli eventi, anzi, il napoletano che è in me erutta violentemente e inizia a sparare. Non voglio che si modifichi qualcosa della mia confort zone (il marciapiedi è mio e su questo non si transige, è insindacabile). Come a dire: compromessi sì, ma fino a un certo punto.
Quando quindi scappo dal lato opposto del marciapiede sono di nuovo Giulia.
Perché spara contro di me? Non sono certo io la colpevole, anzi, sono vittima come lui.
Tratto di strada interessato dalle vicenda del sogno
L’ingresso nel parco
Dopo essere entrato nel parco, la fretta scéma. Temo ancora che il napoletano possa essere in agguato, ma credo che oramai il pericolo sia alle spalle. Il cantiere in costruzione è un grande terreno nel parco in cui abito, da troppi anni lasciato all’incuria del tempo. Ho sempre creduto che si sarebbe potuto convertire in un parcheggio, dacché il mio parco soffre una fame endemica di posti auto. Bisogna fare spazio. Sono entusiasta del nuovo che avanza.
Apro il cancelletto di ingresso con l’unghia. Un’unghia innaturalmente lunga. Un’unghia femminile.
Mi piacciono le unghie di Giulia, sono molto curate, come anche le sue mani. Per il secondo portone, quello blindato, occorre però una chiave vera. Faccio un paio di tentativi e poi riesco ad aprirlo.
La chiave è un oggetto oblungo e rappresenta l’organo genitale maschile.
Nel parco non esistono più marciapiedi, la strada è una sola. In un certo senso, io e Giulia siamo fusi. Entrambi riteniamo che occorra più spazio, di conseguenza il sogno soddisfa il nostro desiderio cantierizzando finalmente il progetto del parcheggio.
Il sogno mi comunica che non esistono più destra o sinistra, ora siamo una sola persona. Giulia infatti si manifesta palesemente quando apro il cancello con l’unghia. Non è la mia unghia, è un’unghia di donna, anche perché quando giro la toppa non avverto il dolore che mi aspettavo dalla torsione, quindi la mano non è la mia.
Devo provare due volte ad aprire il portone blindato: preferisco non interpretare questo elemento poiché riguarda aspetti delicati legati alla salute del mio cuore.
Un sogno per tre
Finalmente sono al sicuro (sento nel sogno una sensazione di sicurezza). Giulia è con me, perché siamo la stessa cosa (ci siamo accasati).
Quando il portone sta per chiudersi, si fa spazio il primo Lorenzo. Dopo un po’ anche il secondo.
Sono contento che sia arrivato, ho l’occasione di fare pace con lui.
I due Lorenzi, che io riconosco come la stessa persona, sono in realtà persone diverse.
Il richiamo alla volontà di fare pace nasce dalla presenza di un secondo amico col quale i rapporti si erano arenati per via di alcune divergenze e al quale di recente ho riscritto.
In realtà, però, la volontà di fare pace è anche legata al mio sempiterno diniego di avere figli.
Quando l’uscio stava per chiudersi, ecco che appare un figlio. Dopo qualche istante anche il secondo.
I due Loernzi sono la stessa persona perché sono figli e perché sono generati dalla stessa persona (io e Giulia siamo la stessa persona nel sogno).
Un sogno per tre, anzi, per quattro!
A quel punto io chiedo a Lorenzo perché secondo lui vi fosse tanta folla nel parco. Lui risponde che è per il sindacato.
Il sindacato è l’attività che io ho proposto di aprire a Giulia laddove ci fossimo sposati.
Tutta quella gente indica evidentemente il successo dell’attività, postulando pertanto anche un futuro di coppia.
Era evidente che a rispondere fosse mia figlia (preferisco una femminuccia al maschietto), poiché solo chi viene dal futuro può conoscere accadimenti futuri (il successo dell’attività dopo il matrimonio).
Aspetti da determinare
Chi sono gli uomini di colore? La strada percorsa in solitudine dalla Giulia – Me dopo la sparatoria ha un significato? Altri piccoli dubbi.
Considerazioni finali
Posso avallare la scommessa Freudiana che suggerisce di tentare l’interpetazione di un sogno appena dopo la veglia, quando la censura è ancora dormiente. E’ interessante dal punto di vista scientifico osservare come semplicemente esprimendo un desiderio, il subconscio provveda immediatamente a offrire all’io la risposta desiderata, garantendo lo spunto chiave per l’interpretazione del sogno.
L’io ha un linguaggio assai più limitato, mentre la semantica del subconscio è più estesa.
Potrebbe darsi che non esista alcuna ragione censoria nel super io, semplicemente nello stato di normale coscienza ci sfugge il linguaggio del noi.
P.S.: se volete comprare uno spruzzino prendetelo qua, così mi sdebito per avergli fregato l’immagine.