Il mio incontro con Sophia

Il mio incontro con Sophia

In un’età compresa tra i tre e i sei anni, incontrai Sophia. Sophia è una bambina appena più grande di me, e che nella mia vita torna per mostrare Anima. Sophia si chiamò Francesca. Neanche a farlo a posta, il suo cognome richiamava l’archetipo di una Dea. Il primo (e forse ultimo) ricordo che serbo di Francesca, è di una bimba audace, curiosa e spericolata. A quei tempi, il parco in cui vivo era un cantiere a cielo aperto. Eravamo nel pieno del boom edilizio degli anni ’90. Lei mi invitò a seguirla.

Si fece strada tra le lamiere e ci infilammo nel grigio cemento di un palazzo in costruzione. Il buonsenso mi suggeriva di arretrare, ma Sophia seduceva la mente e pilotava il mio corpo. Avanzai, salendo preoccupato quegli interminabili gradini che conducevano al secondo piano dello stabile. Mi portò all’orlo del baratro, poi si arrestò. Osservai il panorama. Mi aveva trascinato per guardare. – Guardare cosa? – tutt’ora mi domando.

Quella bimba esile e bionda mi presentava Anima bruciando le tappe. Tu non sei fatto per Elena e Maria, non ancora. Tu solo puoi conoscermi dalla fine e mi percorrerai a ritroso, dalla testa ai piedi. Questa è la tua ghianda. – Non sei comune – pareva sussurrarmi. Aveva ragione allora Sophia, perché conobbi Maria solo sette anni più in là.


La conobbi nel cinereo biondore di un’altra chioma, di una coda di cavallo che di nuovo bussava alla mia porta e si insidiava senza il mio domandare. Se mi affido al cuore, scopro che sempre Anima si presenta a me nelle vesti di una bionda donna, quando un ciclo comincia, e di una chioma bruna, quando esigente maestra viene a reclamare l’obolo delle sue epifanie. L’obolo è la struttura, Anima non vuole ferire, vuole spingere. E’ Sophia che mi conduce al secondo piano di un pericolante e spaventevole palazzo in costruzione, E’ Maria quando i tempi sono maturi perché sperimenti il devoto e biancheggiante candore di un abbraccio. Sarà Elena quando desidererò giacere con una donna.


Verrà infine Eva, che eterna madre tramonta e sorge. Nel tramontare della vita che fu, io nacqui grande e morii fanciullo. Questo destino reclamò per me chi vita dispensa: conobbi Anima dalla coda, ma ne scampai le fauci. E’ un destino speciale, thanatos prima ed eros poi. Continua a danzare, Anima, e mostrami della donna ciò che alla donna stessa sfugge.

“Cosa cerchi?” – L’oro –

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