La nuova psicologia

La nuova psicologia

Oramai le seducenti fascinazioni della psicologia analitica hanno mostrato tutti i propri limiti. La disciplina psicologica si è indebolita, vinta dalle sirene del relativismo. L’ardente fiamma del sapere, imbattutasi nella tempesta di interpretazioni e contro-interpretazioni, ha perduto vigore. Ascesa e disfatta.


Si badi: le stesse scienze fisiche attingono a piene mani dallo scottante braciere dell’interpretabilità. Al contrario delle illusioni psicologiche, però, esse sguazzano nell’incertezza, in virtù della irrisolvibile falsificabilità Popperiana. La scienza, da cui chi scrive, pur non rigettandone le conquiste prende le debite distanze, struttura la sua forza sulla propria consapevole debolezza, ascrivendo al proprio dire tutti e soli quei fenomeni non avulsi dalla tagliola della ripetibilità. La psicologia si fregia di essere scienza, ma scienza non è. Essa vive di eventi. L’evento, come plurimamente discusso su questo blog, è per sua natura unico e irripetibile – πάντα ῥεῖ, non ti bagnerai mai due volte nella stessa acqua -.


Già questa natura mi era nota quando agli esordi della mia immersione negli scritti Freudiani sceglievo di rinunciare alla insistente censura della ragione, che pure mi metteva in guardia dalle sirene di psicologi e analisti, per soddisfare gli invitanti appetiti dell’intelletto.


Raccolsi prove concrete di questo pregiudizio quando realizzai la strutturale debolezza della teoria Freudiana sulla interpretazione dei sogni. Quello che infatti l’autore tra le righe giungeva ad affermare, è che ogni sogno può ammantarsi di successive interpretazioni, ciascuna agente su spazi semantici paralleli e successivi. Quando emerse tale sottinteso, cadde ogni pretesa di conoscenza speculativa sulle arcai fondanti dell’animo umano. Freud conservava tuttavia un presupposto “epistemologico”: il soddisfacimento del desiderio col quale i tellurici impulsi dell’inconscio pungolavano l’io cogitante, reclamandone le attenzioni.


Jung, dapprima suo allievo, a seguito di una Kehre decisiva, rompe col maestro, assumendo posizioni in aperto contrasto con Freud. Per citare James Hillman, “[…] Jung è protagonista di un processo di delibidinizzazione, rescindendo le fluttuazioni dell’anima dell’erotismo afrodisiaco che aveva caratterizzato il pensiero Freudiano.” Sempre Hillman, a conferma dell’approccio Junghiano: “I dati psicologici non sono mai semplici dati oggettivi, sparsi in giro come pietre lunari in attesa di essere raccolte. I dati empirici a sostegno di qualunque premessa psicologica sono parte della medesima prospettiva archetipa: troviamo quello che cerchiamo; vediamo ciò che viene lasciato filtrare dalle difese percettive della struttura archetipica della nostra coscienza”.
In soldoni, ex falso sequitur quodlibet.


Benché nella rappresentazione Junghiana non vi fosse una simile conclusione, va da sé che riscrivendo la psicologia sulla base di rappresentazioni archetipali (presuntamente collettive, oso aggiungere), si scoperchia il vaso di Pandora. Sia che la direttrice della libido sia Eva, Elena, Maria o Sophia, l’interpretazione non è più univoca, smarrendosi ancor più la falsificabilità che già Freud, agli esordi della scienza psicologica, aveva inevitabilmente trascurato.

Il rapporto tra analista e paziente diviene sempre più un incontro di persuasione piuttosto che di deduzione. Gli psicologi si riducono a meri ascoltatori che ammantati di un bagaglio culturale non più scientifico ma umanistico, tentano di ricamare interpretazioni del mondo atta a giustificare il microcosmo di assiomi del paziente, correggendone parzialmente o totalmente le moleste nevrosi che lo colgono (per approfondire).

La nuova psicologia deve ammantarsi di strumenti capaci di riproducibilità scientifica. Le reti neurali aprono prospettive di grande interesse scientifico in questa direzione.

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