
Mondi diversi
Ieri sera ero a un bar con un gruppo di amici. Tra questi, un giovane studente di medicina di appena 21 anni (che invidia!). Si parlava di alcol, e lui provava a spiegarci per quale motivo l’alcol producesse un alterato senso dell’equilibrio, adducendo argomentazioni di ordine neurofisiologico.
In un certo senso, mi ricorda il me-che-fu, che ancora soleva figurarsi il cervello come un grosso computer da decodificare e dal quale sarebbe emerso il senso stesso della coscienza umana. Oggi simili verità appaiono scritte nella pietra; neppure il più impavido si sognerebbe di negare l’opportunità logica di un nuovo tramonto. Con la stessa dogmaticità si ritiene – come a dire, man glaubt – che il cervello sia la sede del pensiero. Una convinzione di cui io stesso mi facevo forte un tempo.
Impulsato dal simpatico disquisire del giovane amico, non riesco a frenarmi dallo sganciare la bomba: e quindi tutto ciò come giustifica la qualia? A tutta prima registro una reazione di stranimento, crede che io gli stia parlando di quaglie. Segue puoi un quarto d’ora pieno pieno per mettergli in testa che non esiste alcuna ragione per cui uno stimolo fisiologico abbia a tradursi in sensazione, e soprattutto che sensazione e stimolo esistono su due domini diversi e contingenti. Tra il tittillamento e la qualità insiste la stessa e infinita distanza che separa il legein, inteso come legein ti kata tinos e la physis.
Oramai mi avverto a tal punto lontano dal quel cogito medio, quel sensus gentium che a sé avoca la medietà delle opinioni collettive, che la mia capacità di comunicazione è al totale collasso. La paura di tediare l’altro è oramai consapevole certezza. Lo spunto di conversazione medio è il fatto occorso a questo evento o a quella persona. Brucio dentro. La mente si spegne. Amo la compagnia femminile perché si placa in me il pensare. Credo di avere torturato più di una ex con qualche lungo sermone sugli argomenti più disparati. Mi spiace che sia finita con M., era piacevole la sua compagnia. Io le voglio ancora bene. Non riuscirò tuttavia mai a comprendere certe sue posizioni. Ieri un gatto le ha quasi pappato uno dei pappagalli, credo il povero Ciro, ma non sono mai riuscito a distinguere tra i due. O forse era un altro uccello. Sono certo che anche lei mi voglia ancora bene e che occasionalmente pensi a me. Formavamo un team vincente per certi aspetti, per altri divergevamo. Non so se riuscirà mai a trovare ciò che cerca. L’uomo che lei desidera è tendenzialmente debole, non le farebbe bene. Lei ha enormi margini di crescita, ma crescere comporta soffrire, perché serve alleggerirsi. Io desideravo accompagnarla. Ho dovuto rompere a malincuore. Come si sia passato dall’alcol a M. non mi è affatto chiaro (forse per metonimia, è una donna affascinante, sa come ubriacare un uomo). Ad ogni modo, nel seguito darò un taglio diverso a questo sito, trasformandolo in un blog dove saltuariamente posterò qualche aggiornamento personale, senza rileggere ciò che scrivo o curare troppo lo stile.